giovedì, 10 Ottobre , 24

Rizzolatti: “Empatia funziona come neuroni a specchio”

“I neuroni specchio si attivano quando uno fa un’azione o vede fare la stessa azione da un altro. Abbiamo scoperto che il meccanismo e’ lo stesso anche per capire le emozioni altrui”. Lo ha detto ieri a Udine il neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti, dal 2002 direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Universita’ di Parma e coordinatore del gruppo di scienziati che nel 1992 scopri’ l’esistenza dei “neuroni specchio”, cellule motorie del cervello che si attivano sia durante l’esecuzione di movimenti finalizzati, sia osservando simili movimenti eseguiti da altri individui. Invitato a tenere una conferenza nella citta’ della sua formazione liceale a cura della Accademia Udinese di Scienze, Lettere e Arti, Rizzolatti ha illustrato le sue scoperte piu’ recenti nel campo delle emozioni: “Se uno vede qualcuno che prova disgusto, un’emozione molto importante gia’ studiata da Darwin, gli si attivano gli stessi neuroni di quando lui stesso prova disgusto e lo stesso vale per il dolore e per altre emozioni”. Dunque, ha precisato, “noi capiamo le emozioni degli altri non perche’ ragioniamo, ma perche’ abbiamo un’empatia: io capisco lo stato di un altro perche’ entro nello stesso stato. Se questo meccanismo viene distrutto, gli altri non li consideriamo piu’ esseri umani e possiamo fare quello che ha fatto Hitler che, infatti, non considerava gli ebrei esseri umani, ma ‘Untermenschen’. E’ una cosa molto pericolosa, dunque, quando si interrompe il meccanismo dell’empatia”. Secondo lo scienziato dunque “uno capisce sempre quello che un altro sente, ma il problema e’ che puo’ capirlo empaticamente, oppure solo logicamente”. Rizzolatti si e’ quindi soffermato sulle ultime frontiere delle sue ricerche: “Attualmente stiamo lavorando con i neurochirurghi dell’ospedale Niguarda di Milano, che hanno messo a punto una tecnica che originariamente serve per curare l’epilessia, operando i malati che non rispondono ai farmaci”. Nella testa dei pazienti, ha proseguito, “vengono sistemati elettrodi che registrano l’attivita’ del cervello per qualche giorno, finche’ non si capisce esattamente dove e’ il focolaio epilettico”. “In questi giorni – ha spiegato – si puo’ collaborare con il paziente, per cercare di capire meglio come e’ fatto il cervello umano, registrando direttamente”, Attraverso queste osservazioni, “per l’empatia per il riso abbiamo trovato che esiste un’area del cervello che se viene stimolata con dei filmati divertenti, il paziente si mette a ridere, anche se non si trova certo nella situazione piu’ indicata”. Tra gli altri orizzonti della ricerca, “un’altra cosa da esaminare e’ il tempo. Ci sono tecniche per fare una ‘fotografia’ del cervello quando lavora, ma non si sa quando e’ avvenuto, e’ appunto una fotografia senza data. Registrando ogni dieci millisecondi invece – ha specificato – possiamo sapere esattamente come si svolge esattamente nel tempo l’azione, e quali aree vengono di volta in volta attivate”. Infine una considerazione sullo stato di salute della ricerca universitaria in Italia: “La differenza tra me e i ricercatori di oggi e’ che per noi c’era la sicurezza del futuro. Quando il professore ordinario andava in pensione gli subentravi. Adesso invece questo meccanismo si e’ inceppato. La situazione dovra’ modificarsi, e devo dire che almeno nel Nord Italia in quest’ultimo periodo c’e’ stato, per fortuna, molto aiuto alla ricerca da parte delle Fondazioni private, e questo – ha concluso Rizzolatti – e’ un segnale positivo”. 

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“I neuroni specchio si attivano quando uno fa un’azione o vede fare la stessa azione da un altro. Abbiamo scoperto che il meccanismo e’ lo stesso anche per capire le emozioni altrui”. Lo ha detto ieri a Udine il neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti, dal 2002 direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Universita’ di Parma e coordinatore del gruppo di scienziati che nel 1992 scopri’ l’esistenza dei “neuroni specchio”, cellule motorie del cervello che si attivano sia durante l’esecuzione di movimenti finalizzati, sia osservando simili movimenti eseguiti da altri individui. Invitato a tenere una conferenza nella citta’ della sua formazione liceale a cura della Accademia Udinese di Scienze, Lettere e Arti, Rizzolatti ha illustrato le sue scoperte piu’ recenti nel campo delle emozioni: “Se uno vede qualcuno che prova disgusto, un’emozione molto importante gia’ studiata da Darwin, gli si attivano gli stessi neuroni di quando lui stesso prova disgusto e lo stesso vale per il dolore e per altre emozioni”. Dunque, ha precisato, “noi capiamo le emozioni degli altri non perche’ ragioniamo, ma perche’ abbiamo un’empatia: io capisco lo stato di un altro perche’ entro nello stesso stato. Se questo meccanismo viene distrutto, gli altri non li consideriamo piu’ esseri umani e possiamo fare quello che ha fatto Hitler che, infatti, non considerava gli ebrei esseri umani, ma ‘Untermenschen’. E’ una cosa molto pericolosa, dunque, quando si interrompe il meccanismo dell’empatia”. Secondo lo scienziato dunque “uno capisce sempre quello che un altro sente, ma il problema e’ che puo’ capirlo empaticamente, oppure solo logicamente”. Rizzolatti si e’ quindi soffermato sulle ultime frontiere delle sue ricerche: “Attualmente stiamo lavorando con i neurochirurghi dell’ospedale Niguarda di Milano, che hanno messo a punto una tecnica che originariamente serve per curare l’epilessia, operando i malati che non rispondono ai farmaci”. Nella testa dei pazienti, ha proseguito, “vengono sistemati elettrodi che registrano l’attivita’ del cervello per qualche giorno, finche’ non si capisce esattamente dove e’ il focolaio epilettico”. “In questi giorni – ha spiegato – si puo’ collaborare con il paziente, per cercare di capire meglio come e’ fatto il cervello umano, registrando direttamente”, Attraverso queste osservazioni, “per l’empatia per il riso abbiamo trovato che esiste un’area del cervello che se viene stimolata con dei filmati divertenti, il paziente si mette a ridere, anche se non si trova certo nella situazione piu’ indicata”. Tra gli altri orizzonti della ricerca, “un’altra cosa da esaminare e’ il tempo. Ci sono tecniche per fare una ‘fotografia’ del cervello quando lavora, ma non si sa quando e’ avvenuto, e’ appunto una fotografia senza data. Registrando ogni dieci millisecondi invece – ha specificato – possiamo sapere esattamente come si svolge esattamente nel tempo l’azione, e quali aree vengono di volta in volta attivate”. Infine una considerazione sullo stato di salute della ricerca universitaria in Italia: “La differenza tra me e i ricercatori di oggi e’ che per noi c’era la sicurezza del futuro. Quando il professore ordinario andava in pensione gli subentravi. Adesso invece questo meccanismo si e’ inceppato. La situazione dovra’ modificarsi, e devo dire che almeno nel Nord Italia in quest’ultimo periodo c’e’ stato, per fortuna, molto aiuto alla ricerca da parte delle Fondazioni private, e questo – ha concluso Rizzolatti – e’ un segnale positivo”. 

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