L’errata identificazione nel Maidstone Museum nel Regno Unito, come ‘EA 493 – Mummified Hawk Ptolemaic Period’, era venuta alla luce nel 2016, quando il museo ha deciso di scannerizzare una donna mummificata e, incidentalmente, anche la ‘EA 493’ e altre mummie di animali. A quel punto arrivò la sorpresa per gli esperti, che la identificarono come un feto umano. Ma mancavano i dettagli, così Nelson ha lavorato con il museo e con Nikon Metrology (Regno Unito) per condurre una scansione ad altissima risoluzione, senza danni per la mummia. Lo stesso Nelson ha poi riunito un team interdisciplinare, con colleghi francesi, inglesi ed egiziani, per esaminare e interpretare le immagini di quello che è diventato l’esame a più alta risoluzione mai condotto su un feto mummificato. Le immagini mostrano dita di mani e piedi ben formate, ma un cranio con gravi malformazioni, come spiega Nelson, bioarcheologo e professore di antropologia. “L’intera parte superiore del cranio non è formata, gli archi delle vertebre della spina dorsale non si sono chiusi. Le ossa delle orecchie sono sulla nuca”. In pratica, “una parte della volta cranica non si è mai formata e probabilmente non c’era un vero e proprio cervello”, aggiunge l’esperto.
Si tratta dunque di una delle uniche due mummie anencefaliche conosciute (l’altra fu descritta nel 1826), e di gran lunga del feto mummificato più studiato nella storia. La scoperta fornisce importanti indizi sulla dieta materna dell’epoca, circa 2.100 anni fa – l’anencefalia può derivare dalla mancanza di acido folico, che si trova nelle verdure a foglia verde – e solleva nuove domande sul motivo della mummificazione. Si ritiene che i feti avessero un qualche potere, fossero come dei talismani, conclude infatti Nelson.
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