La dieta mediterranea può garantire 4,5 anni di aspettativa di vita in più. Ma il paradosso di questo regime alimentare, che si basa sul consumo giornaliero di frutta, verdura, legumi e cereali integrali insieme a olio extravergine di oliva, è che si sta assistendo a un progressivo allontanamento da questo stile di vita a favore di una dieta che predilige proteine animali e zuccheri. Nella Giornata mondiale della salute, la Fondazione Barilla torna a far suonare il campanello di allarme, soprattutto in un Paese come il nostro dove la dieta mediterranea ha consentito alla popolazione di godere di una aspettativa di vita di 83 anni, al pari di altri Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum come Spagna e Francia. Solo il Giappone, con un’attesa di 84 anni, fa meglio di questi Paesi.
Il progressivo allontanamento da questo modello alimentare, figlio anche di mode e tendenze in fatto di nutrizione, ha già delle evidenze statistiche sulla popolazione italiana: secondo i dati elaborati dal Food Sustainability Index, il nostro Paese ha i “valori relativi ai modelli alimentari” tra i più bassi. Lo zucchero, nella nostra dieta, rappresenta il 7,6% dell’apporto calorico totale giornaliero, mentre con 4,4g di sodio al giorno, superiamo quasi del doppio il consumo massimo raccomandato di 2,4 g/giorno. Ma l`Italia appare anche uno dei Paesi dove minore è il tempo dedicato all`attività fisica con evidenze sia nei bambini che negli adulti. E qui subentra l`altra piaga della nostra società: oltre il 36,8% dei bambini e degli adolescenti di età compresa tra 5 e 19 anni è sovrappeso, mentre tra gli adulti il dato sale oltre il 58% del totale. Complice di questa situazione è l`assenza dell’educazione alimentare dai programmi nazionali obbligatori per le scuole primarie e secondarie. Tuttavia, per invertire la tendenza, il governo italiano sta intervenendo con iniziative come “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”, un programma del Ministero della Salute che promuove l’assunzione di frutta e verdura, la riduzione dell`uso di sale, zuccheri e grassi negli alimenti, oltre alla riduzione dell`assunzione di alcol.
Del resto occorre tenere presente che dietro la problematica dell`obesità si nascondono malattie e patologie in grado di compromettere le nostre vite. E` il caso del diabete, che tra gli over 18 è aumentato nel mondo dal 4,7% di casi del 1980 all`8,5% del 2014. Il diabete resta una delle principali cause di cecità, insufficienza renale, infarto, ictus e amputazione degli arti inferiori, che solo nel 2015 ha causato circa 1,6 milioni di morti. Il cancro, una delle principali cause di mortalità nel mondo, con circa 14 milioni di nuovi casi nel 2012, ha tra le 5 principali cause i rischi comportamentali e dietetici, così come le malattie cardiovascolari, che sono la principale causa di morte a livello globale (si stima che 17,7 milioni di persone siano morte a causa di malattie cardiovascolari nel 2015, pari al 31% di tutti i decessi a livello mondiale), possono essere combattute riducendo l’uso di tabacco, seguendo una dieta sana è favorendo l`attività fisica.
“Il mondo affronta una grave emergenza nutrizionale, ma gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (in particolare la ‘lotta alla fame’ e ‘assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età’) offrono un’opportunità senza precedenti per cambiare le cose – spiega Gabriele Riccardi, professore di Endocrinologia e malattie del metabolismo dell’Università di Napoli e membro dell’advisory board di BCFN – Ancora oggi, per ogni persona malnutrita nel mondo ce ne sono due in sovrappeso o obese. Parliamo di persone che hanno maggiore probabilità di ammalarsi degli altri, perché molte malattie possono essere influenzate dai modelli alimentari che adottiamo: diabete (con un nuovo caso ogni 5 secondi), patologie cardiache e altre patologie croniche inclusi i tumori, solo per citarne alcune. Eppure, se partissimo dalla tavola, adottando diete sostenibili come quella Mediterranea potremmo fare un passo importante nella lotta a queste malattie e dare un piccolo contributo per debellare la malnutrizione nei Paesi in via di sviluppo”.
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