domenica, 13 Ottobre , 24

Huntington, speranze da scoperta forma giovanile aggressiva

 La ricerca italiana annuncia una possibile svolta nella lotta alla Còrea di Huntington, malattia rara che colpisce circa 6.500 persone nel nostro Paese da stime 2016 della Lega italiana ricerca Huntington, e per la quale si calcola un 10% di casi giovanili. Bambini e ragazzi minori di 20 anni, che già presentano i sintomi della patologia neurodegenerativa di origine genetica, ereditaria e ad oggi senza cura. Uno studio ‘tricolore’ – “il primo al mondo condotto su giovani pazienti in collaborazione con Istituti internazionali”, sottolinea una nota – descrive su ‘The Lancet Neurology’ “la variante più aggressiva della malattia, con insorgenza in età infantile”. Una scoperta che aprirebbe la prospettiva di “una possibile terapia ‘prenatale’ per modificarne il decorso”.

Alla base della nuova variante c’è “un’anomalia genetica che rende la proteina responsabile della malattia ancora più tossica e pericolosa per il normale sviluppo di precise aree dell’encefalo, alterando la crescita normale e armonica del sistema nervoso. Ciò causa un impatto ancora maggiore e più drammatico sulla qualità e conduzione della vita già subito dopo la nascita”. Secondo gli esperti, “la straordinaria scoperta potrebbe consentire la messa a punto di strategie terapeutiche per la prevenzione dei sintomi già molto prima delle manifestazioni cliniche”.

“La prevenzione di processi neurodegenerativi, come accade nell’invecchiamento cerebrale – ricordano – rappresenta da sempre un traguardo fortemente auspicato dalla comunità scientifica”. 

“La malattia di Huntington – spiega Ferdinando Squitieri, responsabile dell’Unità ricerca e cura dell’Irccs Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), della Neurologia dell’Istituto Css-Mendel di Roma e responsabile scientifico della Fondazione Lega italiana ricerca Huntington e malattie correlate (Lirh) – è una patologia rara dominante. Ciò significa che ogni figlio può ricevere il gene mutato da uno dei due genitori ammalati con un rischio del 50%. E’ una patologia grave con andamento progressivo. Invalidante sia per le implicazioni fisiche che incidono soprattutto a livello motorio, con spasmi muscolari di difficile controllo che portano a muoversi ‘danzando’ (tanto che la malattia è anche nota come còrea o ballo di San Vito o Taranta), sia per le ripercussioni intellettive che intaccano l’elaborazione del pensiero, delle emozioni, dell’orientamento e del comportamento”.

“La nostra ricerca identifica la variante giovanile più aggressiva nella presentazione e nell’evoluzione di questa malattia – prosegue lo specialista – Si tratta di una forma che colpisce i bambini con manifestazioni cliniche e caratteristiche di danno cerebrale completamente diverse dagli adulti, nella quale una parte profonda dell’encefalo, chiamata striato, non sembra svilupparsi adeguatamente, andando incontro a neurodegenerazione, insieme ad altre parti dell’encefalo, solo in un momento molto successivo. La nostra speranza, pertanto, è quella di agire sulla cattiva funzione delle cellule nervose, prima ancora che sulla loro morte, per prevenire l’insorgere e il progredire della malattia”.

“Questo studio italiano – conclude la nota – è il primo e l’unico al mondo sull’argomento pubblicato sulla più importante rivista di neurologia”, e rappresenta “un importante punto di partenza che apre la via a strategie future di cura e di prevenzione di gravi malattie del sistema nervoso anche dell’adulto”. Per Squitieri, “grazie all’identificazione di questo nuovo effetto della mutazione, eseguita nella più vasta popolazione di pazienti giovani mai studiata prima, potremmo arrivare a capire come i sintomi si sviluppano nel tempo e come si forma l’encefalo nelle prime fasi della vita”.

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 La ricerca italiana annuncia una possibile svolta nella lotta alla Còrea di Huntington, malattia rara che colpisce circa 6.500 persone nel nostro Paese da stime 2016 della Lega italiana ricerca Huntington, e per la quale si calcola un 10% di casi giovanili. Bambini e ragazzi minori di 20 anni, che già presentano i sintomi della patologia neurodegenerativa di origine genetica, ereditaria e ad oggi senza cura. Uno studio ‘tricolore’ – “il primo al mondo condotto su giovani pazienti in collaborazione con Istituti internazionali”, sottolinea una nota – descrive su ‘The Lancet Neurology’ “la variante più aggressiva della malattia, con insorgenza in età infantile”. Una scoperta che aprirebbe la prospettiva di “una possibile terapia ‘prenatale’ per modificarne il decorso”.

Alla base della nuova variante c’è “un’anomalia genetica che rende la proteina responsabile della malattia ancora più tossica e pericolosa per il normale sviluppo di precise aree dell’encefalo, alterando la crescita normale e armonica del sistema nervoso. Ciò causa un impatto ancora maggiore e più drammatico sulla qualità e conduzione della vita già subito dopo la nascita”. Secondo gli esperti, “la straordinaria scoperta potrebbe consentire la messa a punto di strategie terapeutiche per la prevenzione dei sintomi già molto prima delle manifestazioni cliniche”.

“La prevenzione di processi neurodegenerativi, come accade nell’invecchiamento cerebrale – ricordano – rappresenta da sempre un traguardo fortemente auspicato dalla comunità scientifica”. 

“La malattia di Huntington – spiega Ferdinando Squitieri, responsabile dell’Unità ricerca e cura dell’Irccs Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia), della Neurologia dell’Istituto Css-Mendel di Roma e responsabile scientifico della Fondazione Lega italiana ricerca Huntington e malattie correlate (Lirh) – è una patologia rara dominante. Ciò significa che ogni figlio può ricevere il gene mutato da uno dei due genitori ammalati con un rischio del 50%. E’ una patologia grave con andamento progressivo. Invalidante sia per le implicazioni fisiche che incidono soprattutto a livello motorio, con spasmi muscolari di difficile controllo che portano a muoversi ‘danzando’ (tanto che la malattia è anche nota come còrea o ballo di San Vito o Taranta), sia per le ripercussioni intellettive che intaccano l’elaborazione del pensiero, delle emozioni, dell’orientamento e del comportamento”.

“La nostra ricerca identifica la variante giovanile più aggressiva nella presentazione e nell’evoluzione di questa malattia – prosegue lo specialista – Si tratta di una forma che colpisce i bambini con manifestazioni cliniche e caratteristiche di danno cerebrale completamente diverse dagli adulti, nella quale una parte profonda dell’encefalo, chiamata striato, non sembra svilupparsi adeguatamente, andando incontro a neurodegenerazione, insieme ad altre parti dell’encefalo, solo in un momento molto successivo. La nostra speranza, pertanto, è quella di agire sulla cattiva funzione delle cellule nervose, prima ancora che sulla loro morte, per prevenire l’insorgere e il progredire della malattia”.

“Questo studio italiano – conclude la nota – è il primo e l’unico al mondo sull’argomento pubblicato sulla più importante rivista di neurologia”, e rappresenta “un importante punto di partenza che apre la via a strategie future di cura e di prevenzione di gravi malattie del sistema nervoso anche dell’adulto”. Per Squitieri, “grazie all’identificazione di questo nuovo effetto della mutazione, eseguita nella più vasta popolazione di pazienti giovani mai studiata prima, potremmo arrivare a capire come i sintomi si sviluppano nel tempo e come si forma l’encefalo nelle prime fasi della vita”.

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