La tecnica usata si chiama ‘Crispr-Gold’ ed è stata ideata da Niren Murthy dell’università della California di Berkeley, che per svilupparla ha avviato nel 2016 la start-up GenEdit. La metodica promette di ottimizzare il ‘taglia e incolla’ del Dna evitando l’impiego di vettori virali e gli eventuali eventi collaterali associati: effetti off-target, legati cioè all’azione su parti di Dna diverse da quelle bersaglio.
Gli autori dell’esperimento hanno iniettato le forbici molecolari dorate all’interno del nucleo striato del cervello, per colpire i geni che codificano per il recettore eccitatorio mGluR5, coinvolto nella comunicazione fra neuroni e alterato nella Sindrome dell’X fragile. Nei roditori trattati è stato possibile intervenire efficacemente sul 50% circa dei geni mGluR5 dello striato, diminuendo alcuni comportamenti ripetitivi associati alla patologia negli animali, come l’abitudine di scavare compulsivamente (-30%) o di saltare (-70%). “E’ il primo caso – afferma Lee – in cui siamo stati in grado di agire su un gene causale dell’autismo a livello cerebrale, ottenendo un miglioramento dei sintomi della malattia”.
Il gene editing apre quindi una nuova prospettiva e gli scienziati si concentrano sulle potenzialità della nuova versione ‘Gold’. L’anno scorso Murthy e colleghi hanno dimostrato che la loro creazione può veicolare Cas9 anche nelle cellule muscolari, sostituendo un gene mutato con la sua versione sana per aumentare la resistenza in roditori con distrofia Duchenne. E ora il nuovo lavoro suggerisce la possibilità di portare l”enzima-forbice’ anche in svariate cellule e strutture del cervello. I neuroni, ma non solo: la microglia, componente chiave del sistema sistema immunitario cerebrale, e gli astrociti, cellule di sostegno dei neuroni.
Secondo Lee, “Crispr-Gold può essere usata per trattare una varietà di patologie genetiche come la malattia di Huntington, ma potenzialmente anche altre in cui i difetti riguardano più di un gene”. Per Murthy la tecnica apre le porte anche al trattamento di condizioni come la dipendenza da oppioidi, il dolore neuropatico, la schizofrenia e le crisi epilettiche. I due ricercatori stanno lavorando per poter iniettare le loro ‘forbici d’oro’ direttamente nel sistema nervoso centrale attraverso la colonna vertebrale, evitando dunque iniezioni intracraniche.
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