Prof. de Bartolomeis come valuta, da un punto di vista psichiatrico, gli episodi di violenza familiare che hanno avuto luogo negli ultimi due giorni nel napoletano?
Bisogna essere molto cauti nelle valutazioni, per quanto riguarda noi psichiatri e, lo dico con garbo ma con fermezza, anche i cronisti dovrebbero essere attenti nel dare le notizie perché talvolta le inferenze che noi facciamo vengono da valutazioni che non hanno il conforto di dati specifici. Sia per quanto riguarda la 40enne di Mugnano sia nel caso dell’82enne in assenza di precise e specifiche informazioni cliniche dirette credo si debba essere cauti evitando improprie generalizzazioni facili quanto inutili. Tuttavia alcune considerazioni si possono fare. In entrambi i casi me ne vengono in mente tre, molto semplici. La prima è che spessissimo il disagio psichico ha manifestazione forte all’interno della famiglia prima ancora che nella società e se la famiglia è una sorta di microcosmo che riflette la società, questo ne è l’esempio più paradigmatico. Il secondo è che forse, indipendentemente dalle condizioni di disagio psichico, che sicuramente esisteranno in situazioni di precarietà economica, noi probabilmente trascuriamo questi aspetti, e poco riflettiamo sulle contingenze, sugli aspetti di carattere contestuale in cui questi drammi maturano. E il terzo è che forse dovremmo avere la forza di ammettere che quello che si fa per fronteggiare queste situazioni è tanto, ma non è sufficiente, soprattutto in un’epoca in cui c’è sempre più una riduzione delle risorse umane e materiali destinate a questi interventi. Cosa comprensibile, data la crisi. Ma questo è un paradosso, perché se da un lato ci impedisce di intervenire sul disagio delle famiglie e sul disagio psichico, paradossalmente il non intervenire in maniera adeguata non fa che amplificare queste problematiche.
Anche le spese affrontate dal Sistema Sanitario Nazionale potrebbero probabilmente essere ridotte da maggiori investimenti nell’assistenza e nella prevenzione a livello psichiatrico.
E’ una testa di Giano, da un canto la scarsità di mezzi non consente di incidere sul fenomeno come vorremmo, e dall’altra il fenomeno, proprio in un momento in cui c’è esigenza di una maggiore solidarietà sociale, anche da un punto di vista economico, emerge ancora più forte.
Una sanità pubblica può essere in grado di svolgere un’azione abbastanza capillare e presente da ridurre incisivamente e tenere adeguatamente sotto controllo il verificarsi di casi del genere?
Io credo che questo sia auspicabile e che tutti debbano fare la propria parte in maniera operativamente concreta, ma credo anche non sempre sia di facile attuazione,: la sanità pubblica non può avere questi livelli di capillarità, anche dal punto di vista della prevenzione. Quello che invece dobbiamo fare è individuare le situazioni a maggiore rischio e concentrarci su queste. Un’operatività più discreta ancorchè più focalizzata è quello che potremmo riuscire a fare meglio in questo momento. Un altro aspetto rilevante è che anche laddove possiamo parlare con certezza di persone affette da patologie non dobbiamo assolutamente cadere nel tranello di descrivere la violenza familiare come appannaggio della sofferenza psichica. Se facciamo questo errore reiteriamo lo stigma contro cui si combatte da quarant’anni. La patologia può in alcuni casi dare luogo a episodi di violenza familiare, e questi vanno prevenuti con attenzione specifica, ma non se ne deve derivare un’equazione facile quanto sbagliata. Anzi, esistono studi condotti da King’s College di Londra e l’Università di Maastricht il cui risultato è che spesso sono oggetto di violenza all’interno della famiglia proprio i malati psichici.
In periodi come questi, di crisi, non sarebbe auspicabile il rafforzamento della rete sociale, una sorta di mutua assistenza tra i cittadini per favorire la prevenzione della violenza familiare?
Ce lo auspichiamo, ma mi chiedo quanto sia concretamente realizzabile, io sono convinto che le strutture preposte facciano il massimo e il meglio possibile con le risorse disponibili. Il vero problema è che questi fenomeni sono molto difficili da prevedere capillarmente. Ciò che possiamo fare è avere un’attenzione maggiore nel momento in cui ci sono già campanelli di allarme e fenomeni sentinella. Fare insomma concretamente il possibile per promuovere un contesto meno sofferente e che non sia habitat naturale per episodi del genere è certamente possibile ma non sempre tutto può essere demandato allo psichiatra.
E’ vero che la violenza familiare è più presente in condizioni di difficoltà economiche?
I periodi di crisi economica possono associarsi a periodi in cui c’è un incremento del disagio psichico o di franca patologia psichiatrica. Ciò che è importante è in presenza di episodi violenti non tornare indietro, facendo coincidere patologia e pericolosità sociale indistintamente. E’ fondamentale che il racconto di alcune vicende di cronaca che viene fornito dai giornali sia quanto più possibile circostanziato, ed altrettanto che la lettura da parte di noi psichiatri sia equilibrata e cauta evitando facili generalizzazioni e sovrainterpretazioni. Una migliore attitudine alla comprensione di fenomeni di violenza come quelli di questi giorni può servire anche a sensibilizzare in maniera equilibrata e significativa l’opinione pubblica.
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