domenica, 3 Dicembre , 23

Cannabis: da esperti riserve su uso medico in sistema sanità

Un gruppo di medici specialisti australiani sta valutando se il sistema sanitario nazionale possa far fronte alla crescente domanda di cannabis medicinale, specialmente con cosi’ poca evidenza della sua efficacia e dei possibili effetti collaterali. In un articolo congiunto sul Medical Journal of Australia, i professori Adrian Reynolds, Jennifer Martin e Yvonne Bonomo, del Royal Australiasian College of Physicians (RACP), mettono in luce la crescente accettazione della cannabis, sia come droga ricreativa, sia come farmaco alla quale pero’ non corrispondono certezze scientifiche e capacita’ di approvvigionamento. Il governo australiano ha di recente aperto l’accesso alla cannabis medicinale principalmente su base compassionevole, e il suo schema speciale di accesso riconosce la scarsezza di evidenze di supporto a confronto con gli altri farmaci da prescrizione. Il governo ha anche prescritto apposite linee guida per i medici, autorizzati a prescrivere cannabis nei casi di cure palliative, sclerosi multipla, nausea e vomito indotti da chemioterapia, dolore cronico ed epilessia. “La rapidita’ e la portata dell’introduzione della canapa medicinale sono senza precedenti e hanno posto sfide per i professionisti sanitari, non tanto per le sue note proprieta’ di creare dipendenza e psicoattive, ma perche’ la sua introduzione non e’ stata preceduta dai consueti test di sicurezza e di efficacia basati sulla ricerca”, scrivono gli esperti, che avvertono come il sistema sanitario stia “navigando in acque inesplorate”. “Mentre il College of Physicians comprende l’interesse della comunita’ nei cannabinoidi come prodotti terapeutici, sottolinea che i consueti processi regolatori concepiti per proteggere i pazienti da gravi danni sono incompleti per i cannabinoidi medicinali. Inoltre, l’evidenza della loro efficacia per molte condizioni mediche e’ finora limitata”, aggiungono. Gli esperti stessi sottolineano la necessita’ che i medici mantengano un equilibrio fra il senso di compassione per i pazienti, la necessita’ di valutare la loro condizione e qualunque beneficio che la cannabis medicinale possa dare per le circostanze individuali. “E’ troppo presto per tracciare delle conclusioni e vi sono rischi associati con la liberalizzazione dell’accesso in assenza di requisiti regolamentari che ne dimostrino la qualita’, la sicurezza e l’efficacia”, scrivono. “Sostenere i pazienti affinche’ prendano parte attiva nella propria cura richiede che vengano loro fornite informazioni basate su evidenze sulle opzioni di trattamento disponibili”.

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Un gruppo di medici specialisti australiani sta valutando se il sistema sanitario nazionale possa far fronte alla crescente domanda di cannabis medicinale, specialmente con cosi’ poca evidenza della sua efficacia e dei possibili effetti collaterali. In un articolo congiunto sul Medical Journal of Australia, i professori Adrian Reynolds, Jennifer Martin e Yvonne Bonomo, del Royal Australiasian College of Physicians (RACP), mettono in luce la crescente accettazione della cannabis, sia come droga ricreativa, sia come farmaco alla quale pero’ non corrispondono certezze scientifiche e capacita’ di approvvigionamento. Il governo australiano ha di recente aperto l’accesso alla cannabis medicinale principalmente su base compassionevole, e il suo schema speciale di accesso riconosce la scarsezza di evidenze di supporto a confronto con gli altri farmaci da prescrizione. Il governo ha anche prescritto apposite linee guida per i medici, autorizzati a prescrivere cannabis nei casi di cure palliative, sclerosi multipla, nausea e vomito indotti da chemioterapia, dolore cronico ed epilessia. “La rapidita’ e la portata dell’introduzione della canapa medicinale sono senza precedenti e hanno posto sfide per i professionisti sanitari, non tanto per le sue note proprieta’ di creare dipendenza e psicoattive, ma perche’ la sua introduzione non e’ stata preceduta dai consueti test di sicurezza e di efficacia basati sulla ricerca”, scrivono gli esperti, che avvertono come il sistema sanitario stia “navigando in acque inesplorate”. “Mentre il College of Physicians comprende l’interesse della comunita’ nei cannabinoidi come prodotti terapeutici, sottolinea che i consueti processi regolatori concepiti per proteggere i pazienti da gravi danni sono incompleti per i cannabinoidi medicinali. Inoltre, l’evidenza della loro efficacia per molte condizioni mediche e’ finora limitata”, aggiungono. Gli esperti stessi sottolineano la necessita’ che i medici mantengano un equilibrio fra il senso di compassione per i pazienti, la necessita’ di valutare la loro condizione e qualunque beneficio che la cannabis medicinale possa dare per le circostanze individuali. “E’ troppo presto per tracciare delle conclusioni e vi sono rischi associati con la liberalizzazione dell’accesso in assenza di requisiti regolamentari che ne dimostrino la qualita’, la sicurezza e l’efficacia”, scrivono. “Sostenere i pazienti affinche’ prendano parte attiva nella propria cura richiede che vengano loro fornite informazioni basate su evidenze sulle opzioni di trattamento disponibili”.

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