“La valutazione della vicenda relativa al presente giudizio – si legge nella sentenza – è legata al concetto di appropriatezza prescrittiva, oggetto di varie disposizioni normative che devono essere rispettose del principio, di rilevanza costituzionale, della tutela della salute e della garanzia di cure mediche gratuite agli indigenti. Nella giurisprudenza contabile – ribadiscono ancora i giudici – risulta ormai pacifico che, affinché il medico possa assistere il paziente al meglio delle sue capacità professionali, deve essere riconosciuto un margine di discrezionalità nella gestione della discrepanza che si può talora verificare fra le condizioni cliniche, la tollerabilità ai trattamenti e le potenziali interazioni farmacologiche secondo le caratteristiche del singolo paziente. Conseguentemente, non è illegittimo prescrivere farmaci anche in deroga apparente alle disposizioni vigenti, nei limiti della logica, della ragionevolezza e dei basilari approdi della letteratura scientifica”.
Pertanto, secondo i giudici della Corte dei Conti, il “criterio astratto del danno derivante dal superamento di medie ponderate non può essere seguito” e “l’esistenza e la quantificazione del danno non possono essere valutati sulla base del mero scostamento dalla media prescrittiva, ma solo con una adeguata analisi delle singole prescrizioni effettuate in rapporto alle patologie da curare”.
“Ogni malato ha diritto a ricevere le cure per lui più appropriate ed efficaci – continua Anelli – che vanno determinate sulla base delle sue peculiari caratteristiche, non in ossequio a criteri numerici o economicistici”.
“Come medici, e come cittadini, non possiamo che essere soddisfatti delle considerazioni della magistratura contabile sull’appropriatezza – conclude il presidente Fnomceo – Invitiamo i burocrati ad abbandonare, una volta per tutte, l’idea che la buona sanità si costruisca attorno a medie e algoritmi e a uniformarsi al dettato giurisprudenziale”.
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