sabato, 20 Aprile , 24

In carcere malata anche se dovrebbe andare in clinica

In carcere da mesi anche se “incapace di intendere e volere e di stare in giudizio”. In custodia cautelare nel penitenziario di Foggia malgrado sia stato deciso dal tribunale il ricovero in una struttura di assistenza terapeutica denominata Rems, perché quella “territorialmente competente” non ha posti disponibili. Questa la vicenda di Cinzia P., 47 anni, che è sotto processo per stalking nei confronti dell’ex fidanzato o di quello che lei ritiene esser tale. Perché quello vissuto da questa donna, originaria della Basilicata ma residente a Roma, potrebbe esser frutto di un “disturbo delirante in una personalità paranoidea e dipendente” e, pertanto, “incapace di intendere e di volere e di stare in giudizio”.

Cinzia si trova in regime di custodia cautelare perché ha violato a fine aprile scorso la misura del divieto di avvicinamento. Il suo problema sta nel credere che il compagno, sempre quel particolare partner, sia ostaggio di una setta di buddisti guidati da una zia dell’uomo, che obbligano il soggetto a frequentare solo e soltanto una palestra e non lei. Le tante e troppe telefonate a vuoto sono diventate per Cinzia l’unico sfogo e l’unica possibilità di avere ancora una qualche relazione con il suo amato. Il tribunale del riesame acquisite le perizie e ascoltate le argomentazioni della difesa il 23 luglio ha annullato la custodia cautelare in carcere e disposto il ricovero in una Rems. Ma trascorsi ormai due mesi questa decisione non è stata attuata perché non ci sono posti disponibili.

Il difensore della donna, l’avvocato Michele D’Urso, ha spiegato: “Il grave è che resta applicata la custodia cautelare in carcere a persona incapace di intendere e di volere. Inoltre il sistema penitenziario e sanitario, a causa di mancanze strutturali non è in grado di far fronte alle esigenze di cura degli imputati in misura di sicurezza, con la conseguenza che tali soggetti, spesso persone ‘ai margini della società’, patiscono la detenzione in carcere ‘sine titulo’ e in violazione dei loro più elementari diritti costituzionali, quali il diritto alla salute“.

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Cinzia si trova in regime di custodia cautelare perché ha violato a fine aprile scorso la misura del divieto di avvicinamento. Il suo problema sta nel credere che il compagno, sempre quel particolare partner, sia ostaggio di una setta di buddisti guidati da una zia dell’uomo, che obbligano il soggetto a frequentare solo e soltanto una palestra e non lei. Le tante e troppe telefonate a vuoto sono diventate per Cinzia l’unico sfogo e l’unica possibilità di avere ancora una qualche relazione con il suo amato. Il tribunale del riesame acquisite le perizie e ascoltate le argomentazioni della difesa il 23 luglio ha annullato la custodia cautelare in carcere e disposto il ricovero in una Rems. Ma trascorsi ormai due mesi questa decisione non è stata attuata perché non ci sono posti disponibili.

Il difensore della donna, l’avvocato Michele D’Urso, ha spiegato: “Il grave è che resta applicata la custodia cautelare in carcere a persona incapace di intendere e di volere. Inoltre il sistema penitenziario e sanitario, a causa di mancanze strutturali non è in grado di far fronte alle esigenze di cura degli imputati in misura di sicurezza, con la conseguenza che tali soggetti, spesso persone ‘ai margini della società’, patiscono la detenzione in carcere ‘sine titulo’ e in violazione dei loro più elementari diritti costituzionali, quali il diritto alla salute“.

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